Sono passati 35 anni da quel 13 dicembre del 1990 quando, all’1 e 24 una violenta e lunga scossa di terremoto sconvolse la Sicilia Sud Orientale, in particolare Lentini, Carlentini e Augusta, ma danni si registrarono anche a Melilli, Priolo, Siracusa, Francofonte e Avola.
La Magnitudo, che misura tramite i dati dei sismografi la quantità di energia elastica rilasciata all’origine del sisma calcolata, fu determinata tra 5.6 e 5.7, con effetti fino al 6° -7° grado della scala Mercalli.
L’epicentro fu localizzato all’Istituto Nazionale di Geofisica, oggi Ingv, nel Golfo di Augusta, poco al largo della costa.
A pagare il prezzo più alto fu Carlentini, dove morirono 12 persone per il crollo di tre edifici.
Altre 6 persone morirono per le conseguenze cardiache del trauma e migliaia furono i feriti, 200 dei quali ricoverati negli ospedali della zona.
Alla scossa principale seguì una replica di minore intensità, tre giorni dopo.
I danni maggiori agli edifici si registrarono ad Augusta, a causa degli effetti di amplificazione del suolo, proprio nella zona di più moderna edificazione realizzate con criteri antisismici, nelle ex Saline e nel quartiere, ironia della sorte, di Santa Lucia, dove i senza tetto furono 5.000 dei 15.000 totali.
Quello che impressionò di quel sisma fu la durata, stimata in circa 45 interminabili secondi, un’eternità per i cittadini dei centri più colpiti che si precipitarono nelle strade in cerca di un luogo sicuro.
Il terremoto interessò circa 250 località situate in provincia di Siracusa e di Catania ma fu avvertito fino ad alcuni centri della provincia di Reggio di Calabria.
Furono dichiarati inagibili 6.830 edifici privati, 220 edifici pubblici e 54 scuole, per un numero complessivo di 7.104 edifici.
Ad Augusta, secondo le stime, fu danneggiato il 30% del patrimonio edilizio abitativo e il 50% di quello scolastico.
Furono dichiarati totalmente inagibili 22 edifici pubblici e 368 privati, 19 gli edifici scolastici danneggiati dei quali 13 dichiarati inagibili.
A Carlentini, dove i danni più gravi furono riscontrati nelle aree in pendio, a nord e a sud dell’abitato, gli edifici danneggiati furono 1.595, 16 pubblici, 4 scuole e 1.575 quelli privati.
I campi container, realizzati per ospitare i senzatetto, rimasero per qualche decennio.
Don Palmiro Prisutto, il sacerdote noto per le sue battaglie in difesa dell’ambiente, in quel periodo vice parroco della chiesa di Santa Lucia, fu uno degli animatori, assieme ad alcuni volontari, tra cui Enzo Parisi, esponente di primo piano di Legambiente Sicilia, della Camera Territoriale della Protezione Civile, una struttura di volontariato, collegata al Movimento Federativo democratico di Giovanni Moro, che affiancò le istituzioni e la parrocchia di Santa Lucia negli interventi di sostegno ai senzatetto.
La sua esperienza è raccolta nel libro Il Terremoto dei silenzi, nel quale sostiene tra l’altro la tesi dell’occultamento dei danni reali subiti dagli impianti della zona industriale, per non comprometterne le produzioni.
Argomento che all’epoca fu al centro di grosse polemiche.
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