“Per il prezioso impegno culturale profuso nell’arco del tempo; per essere umanista di grande qualità e rigore; per l’uso esemplare della parola viva che diviene epifanica nella originale e creativa opera letteraria”.
Con questa menzione lo scrittore augustano Salvatore Seguenzia ieri sera ha ricevuto un premio di Benemerenza per la “Scrittura creativa” da parte del Senato accademico dell’Accademia di Sicilia.
La cerimonia si è svolta all’Oratorio di Santa Cita di Palermo dove si è svolta la kermesse in occasione del trentennale.
La scelta del luogo non è stata pura casualità, in quanto la storia dell’Oratorio rimarca la duplice funzione liturgica e sociale, scandita dal contrasto architettonico con l’adorno interno arricchito da superbi stucchi barocchi realizzati tra il 1685 ed il 1690 da Giacomo Serpotta (il busto in suo onore è stato realizzato da Antonino Ugo, esponente importante della letteratura artistica siciliana), il quale ha riprodotto l’episodio cardine della storica Battaglia di Lepanto in cui la flotta cristiana, protetta dalla Madonna del Rosario, vince contro i turchi.
Con quest’ultimo riconoscimento l’autore megarese rafforza il suo modo di scrivere ossia fantasie maccheroniche, valorizzate da un linguaggio siciliano che lo porta a mescolare la sua esperienza professionale come ispettore della Guardia di Finanza ai racconti e i trascorsi dei suoi avi.
La Sicilia, per lui, è la musa ispiratrice dei tre libri pubblicati dalla casa editrice “Aletti editore” attraverso un intercalare di paesaggi, storpiati nel loro nome d’origine, del suo dialetto che per l’autore, più che definirlo vernacolo, ritiene essere una vera e propria lingua utilizzata nelle conversazioni tra i vari personaggi.
Un “dialogare” goliardico che induce il lettore a voltare una pagina dopo l’altra e proseguire, tutto d’un fiato, la lettura senza interromperla. Lo stesso Seguenzia afferma che “la libertà nello scrivere è un’autentica ricchezza che si manifesta sugli eventi esterni, come conseguenza di ciò che si è e del modo in cui ci si evolve nel corso del tempo”.
Quando descrive le varie vicissitudini o le esperienze nei propri scritti, narra un misto tra il modo di essere di cinquant’anni fa e l’attuale vita quotidiana rendendone le conclusioni sempre un “finale aperto”, in cui il lettore è libero di fantasticare con la propria immaginazione.
Lo scrittore megarese ama descrivere la sua terra, fonte di grandi cantori e cantastorie ed il suo messaggio è rivolto soprattutto ai giovani siculi, nonché a chi si ritrova per lavoro in Sicilia a vivere del profumo del mare, del calore della montagna, della melodia del dialetto, dell’antica arte e del valore delle tradizioni.
Per l’autore scrivere significa dare sfogo ai propri desideri, anche se spesso si imbatte nella fatidica domanda: “E le eventuali critiche?”
“Cerco di prenderne atto – risponde Salvatore – ma talvolta ripropongo a me stesso una celeberrima parola che Andrea Camilleri ripeteva sempre nelle sue opere, diventata in seguito una delle mie espressioni preferite: “stracatafottersene”.
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