C’è un tratto di mare, tra Brucoli e Siracusa, che torna oggi al centro dell’attenzione degli studiosi e degli archeologi.
È lì che, a partire dal 2026, prenderà forma una nuova indagine sottomarina destinata a esplorare i fondali alla ricerca di tracce del patrimonio archeologico sommerso.
Un’iniziativa che, pur muovendosi con grande cautela, si inserisce nel dibattito mai sopito sull’enigmatica storia dei Bronzi di Riace.
A promuovere le ricerche è la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, che intende approfondire alcune ipotesi emerse negli ultimi anni grazie a studi scientifici recenti.
Tali analisi sembrano rafforzare la teoria secondo cui le celebri statue potrebbero avere un legame con l’area siracusana, rilanciando una suggestione formulata già negli anni Ottanta dall’archeologo americano Ross Holloway.
Nuovo impulso alla discussione è arrivato in particolare da una ricerca pubblicata sull’Italian Journal of Geosciences, rivista della Società Geologica Italiana, che ha raccolto e sistematizzato dati utili a sostenere questa tesi.
Le immersioni previste a partire da gennaio 2026 si concentreranno su un tratto di mare complesso, dove la forte presenza di fango e la ridotta visibilità rendono le operazioni particolarmente difficili.
Per questo saranno impiegate apparecchiature specifiche, come magnetometri e strumenti di analisi del sottosuolo marino, fondamentali per individuare eventuali resti di relitti antichi o materiali dispersi nel tempo.
L’ipotesi è che un carico, forse parte di una nave affondata secoli fa, possa essere stato frammentato e disperso dalle correnti e dalle tempeste.
La sfida è impegnativa, ma carica di fascino. E non è escluso che, oltre a possibili indizi sui Bronzi di Riace, dai fondali siracusani possano emergere altre testimonianze inedite di una storia ancora tutta da raccontare.
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