Non una presentazione di nomi, ma un atto d’accusa politico.
La conferenza stampa di ieri sera, nella sala del Teatro Piccolo, segna un passaggio chiave nella discesa in campo di Concetto Cacciaguerra, candidato sindaco che sceglie di rompere fin da subito con i rituali della campagna elettorale tradizionale.
Il messaggio è netto: «Io non cerco una lista, cerco un progetto politico».
Al centro del suo intervento, non ci sono alleanze o candidature, ma una critica frontale al metodo con cui – secondo Cacciaguerra – Augusta viene amministrata da anni.
«Chiunque può mettere insieme 24 nomi e fare un partito. Ma i nomi non sono niente senza una visione», ha scandito dal palco, rivendicando la sua candidatura come una sfida culturale prima ancora che elettorale.
Il bersaglio principale è il clientelismo, definito come un meccanismo ormai “collaudato e compatto”, che premia chi è dentro il circuito e marginalizza chi resta fuori.
«I diritti non devono essere concessi in cambio di voti o candidature – ha detto –. Un posto di lavoro, un incarico, una possibilità non sono favori, sono diritti».
Parole dure anche sul linguaggio istituzionale: Cacciaguerra ha contestato l’uso del termine “miei cittadini” da parte del sindaco in carica.
«Io non sono il cittadino di nessuno, sono un concittadino. Non appartengo a nessuno», ha affermato, rivendicando un’idea di amministrazione fondata su parità, trasparenza e democrazia sostanziale.
Uno dei passaggi più concreti riguarda la recente richiesta di accesso agli atti sull’inaugurazione del quartiere Sacro Cuore e sulle intitolazioni di strade e piazze.
Scaduti i termini previsti dalla legge senza risposta, Cacciaguerra ha annunciato di aver dato mandato ai legali per rivolgersi al responsabile anticorruzione, alla commissione per l’accesso ai documenti amministrativi e alla Procura della Repubblica.
Un segnale chiaro: la campagna elettorale passa anche dalle carte e non solo dagli slogan.
Ampio spazio è stato dedicato ai temi strutturali della città.
Dall’urbanistica, con l’accusa di cementificazione in aree destinate a servizi pubblici e l’uso “disinvolto” delle Scia, fino alla sanità, definita una delle ferite più profonde di Augusta.
«Come si può parlare di identità e tradizioni se ad Augusta non si nasce più?», ha chiesto Cacciaguerra, ricordando la chiusura del punto nascite e le difficoltà dell’ospedale cittadino, in una città che convive con alti tassi di inquinamento e patologie oncologiche.
«Qui si muore di cancro e non si fa prevenzione», ha denunciato, collegando il tema ambientale alla crisi del sistema sanitario pubblico e alla proliferazione delle cliniche private.
Sul lavoro, il candidato ha ammesso i limiti di un’Amministrazione comunale, ma ha rivendicato la possibilità e necessità di attivare progetti minimi e mirati per sostenere chi è in difficoltà, senza passare dal filtro delle raccomandazioni.
Tra i passaggi più politici, la critica alla spesa di 220 mila euro per il Capodanno.
«Tre ore di spettacolo con soldi pubblici – ha detto – mentre si potevano aiutare famiglie sole o in difficoltà».
Un esempio, secondo il candidato sindaco, di una gestione della spesa lontana dai bisogni reali della città.
Non meno dura la stoccata sugli affidamenti sotto soglia: «Basta appalti da 149.900 euro.
Se i lavori si devono fare, facciamoli lavorare a più ditte. Questa è razionalità, questa è giustizia».
Il filo conduttore dell’intervento è racchiuso nello slogan scelto: “Coraggio e libertà”.
Coraggio di rompere un muro che protegge interessi consolidati.
Libertà dal ricatto del bisogno, dalla logica dei “santi in paradiso”, dalla paura di esporsi.
L’appello finale è rivolto a chi non vota più, a chi si sente escluso e deluso: «Uscite fuori, diventiamo protagonisti. Non cittadini di serie A e di serie B, ma una comunità che si
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