“Oggi abbiamo perso la consapevolezza e il senso del peccato. Non lo ‘ri-conosciamo’ più, ma ne vediamo le tremende e perniciose conseguenze nella vita personale, familiare e civile”.
Queste le parole dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, a conclusione della processione dell’Immacolata, in piazza San Domenico con il tradizionale omaggio dei vigili del fuoco alla Madonna.
“La grazia può liberare l’uomo ridonandogli la libertà dei figli, renderci nuove creature”.
Per l’arcivescovo, il voler diventare come Dio, voler essere noi Dio, ci ha portati ad essere “schiavi degli idoli, dei tre menzogneri idoli di ogni tempo – e specialmente di quello odierni –: successo, soldi, sesso sfrenato”.
L’amore narcisistico di noi stessi ci fa considerare gli altri “concorrenti o scarti soprattutto, schiavi degli idoli di questo mondo che ci inducono all’anoressia spirituale e ci costringono alla bulimia del non senso e dell’attimo fuggente”.
L’invito di Monsignor Lorefice è quello di vincere l’indifferenza, l’egoismo e il tornaconto personale, facendo spazio a una cultura della responsabilità, della giustizia e del rispetto.
“Vinceremo l’indifferenza, il tornaconto personale, la corruzione, le connivenze con le strutture di peccato – cosa sono le organizzazioni mafiose o le multinazionali con il loro predominio economico? –, [vinceremo] ogni forma di violenza, soprattutto sulle donne, l’incuria diffusa della città e dei luoghi pubblici, ogni forma di discriminazione e di emarginazione”.
Ampio spazio ha dedicato anche ai temi del lavoro, della casa, della denatalità e dell’emigrazione giovanile, con l’auspicio di istituzioni politiche capaci di operare realmente per il bene comune e per la tutela delle fasce più fragili.
Secondo Lorefice, solo comunità civili e religiose credibili possono contribuire alla costruzione di una società più giusta e solidale.
“Semineremo speranza ovunque. Tra i giovani e gli anziani. Tra i bambini e gli adulti. Nelle case, nelle strade, nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri, nei luoghi di lavoro e del tempo libero, negli spazi di ritrovo dei giovani. Tra le persone disabili e gli ammalati.
Accoglieremo come vera ricchezza chi è diverso per provenienza geografica, culturale e religiosa. Perché nessun giovane o anziano, persona fragile o indigente si sentano inutili o abbandonati e pensino di farla finita”.
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