
Il Consiglio dei Ministri, nella riunione di stasera, ha deliberato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Paternò.
Decadono tutti gli organi elettivi, il sindaco la giunta e il consiglio comunale.
Il centro del catanese è il quinto comune della provincia ad essere sciolto per infiltrazioni mafiose negli ultimi due anni.
Nel 2023 erano stati sciolti Castiglione di Sicilia e Palagonia, a gennaio di quest’anno era stata la volta di Randazzo, e due mesi dopo di Tremestieri Etneo.
Il provvedimento del Consiglio dei Ministri è stato deliberato su proposta del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, in considerazione degli accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata che compromettono il buon andamento dell’azione amministrativa, ai sensi dell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).
Il 31 gennaio si era insediata la commissione nominata dall’allora Prefetto di Catania Maria Carmela Librizzi, per valutare gli atti e riferire al Ministro dell’Interno sulla eventuale presenza di infiltrazioni mafiose.
Il Prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica di Catania, ha trasmesso la relazione della Commissione al Ministro dell’interno che ha proposto al Consiglio dei ministri di chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento degli organi elettivi dell’ente, con un proprio decreto.
Il Comune sarà affidato della gestione di una Commissione straordinaria per la durata di diciotto mesi, rinnovabili di sei mesi.
Paternò, comune di 45 mila abitanti in provincia di Catania, è un luogo importante della politica e del centrodestra in particolare.
Sono infatti di Paternò il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, e il Presidente del Senato Ignazio La Russa, che non ha mai interrotto il legame con la città d’origine.
Alla base del provvedimento ci sono le indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò che, nell’aprile del 2024 portarono all’arresto di 17 persone, indagate nell’ambito dell’operazione ‘Athena’, un’inchiesta sul clan Morabito, legato alla ‘famiglia’ catanese dei Laudani.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Catania, Ignazio Fonzo, e dalle sostitute procuratrici Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, portò alla luce presunte infiltrazioni mafiose nella vendita all’asta di terreni e immobili.
Le persone indagate complessivamente furono 49, tra imputati rinviati a giudizio davanti alla terza sezione penale del Tribunale e altri che hanno fatto accesso a riti alternativi.
Tra gli imputati, per voto di scambio politico mafioso, ci sono anche il sindaco Antonino Naso, eletto con delle liste civiche nel giugno del 2022, che ha fatto richiesta di giudizio immediato, un ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino, e un assessore dell’allora giunta in carica, Salvatore Comis, poi dimessosi, accusato di essere l’uomo di fiducia dell’associazione mafiosa.
Il reato ai tre è contestato in concorso con due presunti esponenti del clan: Vincenzo Morabito e Natale Benvenga.
Secondo l’accusa lo ‘scambio’ sarebbe stato legato a dei voti ottenuti dalla cosca alle Comunali del 2022 in cambio dell’assunzione a tempo determinato di due persone vicine al clan in un’impresa che si occupa di raccolta e smaltimento rifiuti a Paternò.
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