
Un grido di aiuto che arriva dal cuore delle famiglie italiane.
È quello lanciato da Sebastiano Amenta, presidente dell’associazione nazionale 20 Novembre 1989 Ets, che ha scritto al Quirinale, a Palazzo Chigi e al ministero per le Disabilità per chiedere il riconoscimento giuridico e sociale dei caregiver familiari: le persone che ogni giorno assistono un proprio caro con disabilità, spesso in silenzio e senza alcuna tutela.
Amenta parla di “madri, padri, figli, sorelle, fratelli e coniugi che rinunciano a sé stessi per donare tempo, energia e amore a chi non può farcela da solo”.
Persone che incarnano, secondo l’associazione, “il volto più umano e solidale del Paese”, ma che vivono in un vuoto normativo che le lascia senza diritti e senza sicurezza.
“Essere caregiver in Italia oggi significa non avere riconoscimento giuridico, tutele economiche stabili né diritti previdenziali”, si legge nella lettera.
“Chi si prende cura di un familiare disabile spesso perde il lavoro, la salute e la libertà.
Eppure è grazie a loro che migliaia di persone con disabilità possono restare nelle proprie case, evitando ricoveri e costi enormi per lo Stato”.
Un paradosso che Amenta definisce “crudele”: “Chi sostiene il welfare nazionale viene lasciato solo”.
Mentre molti Paesi europei – tra cui Germania, Finlandia, Portogallo, Croazia, Scozia e Danimarca – hanno già riconosciuto la figura del caregiver familiare, l’Italia continua a non avere una legge organica in materia, nonostante la direttiva europea 2019/1158, che impone agli Stati membri di favorire la conciliazione tra vita lavorativa e familiare anche per chi assiste persone con disabilità.
“È tempo che l’Italia – scrive Amenta – non si limiti più alle parole, ma agisca con i fatti.”
L’associazione chiede al Governo una legge nazionale che: riconosca il caregiver familiare come figura giuridica; garantisca un sostegno economico stabile e dignitoso; preveda contributi previdenziali per il tempo dedicato alla cura; offra supporto psicologico, formazione e servizi di sollievo; armonizzi la normativa italiana agli standard europei.
“Non chiediamo privilegi – conclude Amenta – ma giustizia, dignità e riconoscimento. Trasformare l’amore in diritto non è un sogno: è un dovere morale e civile.
L’Italia ha bisogno di una legge che non lasci più nessuno solo”-
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