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Siracusa e Provincia| Operazione “San Paolo”: sgominata associazione mafiosa riconducibile al clan Nardo

Redazione WebmarteRedazione Webmarte27 Luglio 2020 34110 Minuti di Lettura0

Le indagini, avviate nel mese di settembre 2017 e durate circa un anno nel territorio di Floridia e Solarino (San Paolo), hanno consentito di disarticolare un sodalizio mafioso riconducibile alla sfera di influenza del clan Aparo.

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Sarebbero 24 i provvedimenti cautelari (19 in carcere e 5 agli arresti domiciliari), emessi dal GIP del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e usura, tentata estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. L’operazione denominata “San Paolo” è scattata nelle prime ore della mattinata odierna, su delega di questa Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, i carabinieri della sezione operativa del Norm della Compagnia di Siracusa, con la collaborazione del personale dei reparti dipendenti della predetta compagnia, delle compagnie di Augusta e di Noto e del Reparto Operativo del Provinciale di Siracusa, con il supporto di un elicottero del 12° Elinucleo Carabinieri di Catania (CT) ed unità cinofile antidroga del Nucleo carabinieri Cinofili di Nicolosi (CT), hanno dato esecuzione a, aggravati dalla finalità di agevolare il clan Aparo attivo nel territorio di Floridia e Solarino.

Il sodalizio aveva al suo vertice Massimo Calafiore, il quale era stato investito della reggenza “pro tempore” del clan direttamente dal suo storico boss, Antonio Aparo Antonio, mediante l’invio di missive spedite mentre questi si trovava ristretto nel carcere di Milano, una volta terminato il regime del 41 bis. Accanto a Massimo Calafiore, in qualità di suo luogotenente, era stato collocato Giuseppe Calafiore. Ulteriori partecipi dell’associazione in posizione apicale e gestori dell’usura e del traffico di stupefacenti, erano Salvatore Giangravè e Angelo Vassallo, da poco scarcerati dopo un lungo periodo di detenzione. Inizialmente ostili alla reggenza dei Calafiore, Giangravè e Vassallo erano stati successivamente convinti da ulteriori missive trasmesse dal carcere da parte dello stesso APARO Antonio. Il braccio armato del clan, utilizzato per mantenere il regime di sopraffazione ed omertà sul territorio a favore dell’associazione, era invece costituito da Mario Liotta, recentemente deceduto, e dal figlio Francesco Liotta, divenuti l’articolazione operativa del gruppo criminale, con compiti di intimidazione violenta a commercianti e ad altri privati.

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Il clan, così composto, aveva dato vita a un vero e proprio dominio sui centri di Floridia e Solarino. Molteplici erano i campi di influenza dell’associazione mafiosa, dall’usura agli stupefacenti, dalle estorsioni ai danneggiamenti mediante attentati incendiari. In particolare, l’indagine traeva origine da alcuni incendi verificatisi nel comune di Floridia a danno di esercizi commerciali, tutti accomunati dallo stesso modus operandi. Analizzando tali episodi si risaliva agli autori materiali e ai loro mandanti, facendo venire alla luce l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso radicata sul territorio, resasi responsabile di numerosi episodi di usura, di cui gli incendi e i danneggiamenti costituivano l’esortazione a pagare. A capo dell’associazione, vi erano, come detto, proprio i due Calafiore che, utilizzando denaro del sodalizio criminale, concedevano prestiti a tassi usurari a privati cittadini in stato di bisogno, tra cui anche commercianti in difficoltà, praticamente sostituendosi agli istituti bancari. A differenza di questi ultimi, però, i due applicavano tassi di interesse pari al 20% mensile e quindi al 240% annuo. A Giuseppe Calafiore era deputata la tenuta della contabilità mediante appunti che materialmente erano custoditi dalla madre, Antonia Valenti, destinataria anche lei di misura cautelare.

Negli appunti, oltre che sulle pagine dei calendari della casa della Valenti, erano annotati nominativi, ammontare delle rate, date in cui i pagamenti dovevano essere effettuati, oltre che la contabilità dei prestiti che Giuseppe Calafiore aveva erogato a titolo personale, fuori dall’influenza del clan. Le vittime di usura accreditavano ai loro strozzini le rate pattuite mediante bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay, oltre che con il classico metodo del trattenimento di assegni dati in garanzia per l’ammontare del prestito. In caso di inadempimento, i Calafiore procedevano ad impossessarsi di autovetture, beni immobili e esercizi commerciali delle vittime, gettandole letteralmente sul lastrico. A coadiuvare i Calafiore, e in modo particolare Giuseppe Calafiore, nella gestione dell’associazione per delinquere finalizzata all’usura vi erano le donne di casa: come detto, la madre, Antonia Valenti, col compito di custodire la contabilità e il denaro, e la compagna, Clarissa Burgio, inizialmente vittima di usura da parte dei Calafiore, poi divenuta compagna di Giuseppe e quindi diventata il suo naturale sostituto, allorquando il Calafiore era stato tratto in arresto per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio e ristretto in carcere per un breve periodo.

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Il giro dell’usura, emerso durante l’attività di indagine, è risultato di amplissima portata tanto da far ritenere configurato il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria e creditizia. Solo di alcuni episodi è stata possibile la compiuta ricostruzione. In molti altri casi, infatti, mancando la collaborazione delle vittime, non è risultata possibile la contestazione. L’associazione mafiosa, oggi disarticolata, non si occupava solo di usura. Florida era anche l’attività legata al traffico e spaccio di sostanza stupefacente. Le indagini hanno consentito, infatti, di accertare che il sodalizio criminale gestito dai Calafiore, per incrementare ulteriormente gli introiti, aveva deciso di utilizzare parte dei proventi derivanti dall’usura per l’acquisto di grosse quantità di stupefacenti, principalmente cocaina, hashish e marijuana, fornite dai catanesi, Salvatore Mazzaglia e Victor Andrea Mangano, soggetti legati al clan etneo dei Santapaola – Ercolano, gruppo di Nicolosi – Mascalucia. La sostanza stupefacente veniva poi rivenduta a numerosi acquirenti di Floridia alimentando lo spaccio al dettaglio in quel centro.

Dall’associazione dei Calafiore si rifornivano anche spacciatori indipendenti come Andrea Occhipinti, Paolo Nastasi, Antonio Amato (detto “Cappellino”) e Massimo Privitera, operanti tutti in Floridia. Sempre seguendo il canale della sostanza stupefacente che da Catania giungeva a Floridia attraverso i Calafiore, emergeva, inoltre, l’esistenza di una vera e propria piazza di spaccio sita in via Fava, alimentata dallo stupefacente acquistato e rivenduto dai Calafiore e i cui promotori ed organizzatori venivano individuati in Maurizio Assenza e suo figlio Sebastiano Carmelo Assenza, che unitamente a Joseph Valenti, Antonio Privitera, Angelo Aglieco e Jacopo De Simone, avevano dato vita ad una vera e propria organizzazione dedita allo spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish e marijuana.

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Nel corso dell’indagine sono stati eseguiti numerosi riscontri, riuscendo a sequestrare complessivamente gr. 300 di cocaina. Sono stati altresì segnalati alla Prefettura, quali assuntori, circa venti clienti della piazza di spaccio di via Fava, nonché degli spacciatori indipendenti che si rifornivano dai Calafiore. Inoltre, sono state tratte in arresto sette persone per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio. L’introito stimato del giro di droga scoperto grazie a questa indagine si aggirava intorno ai 350.000 euro in soli quattro mesi. Oltre all’usura e agli stupefacenti, l’associazione mafiosa si dedicava anche ai danneggiamenti mediante incendi, utilizzati per far sentire la forza di intimidazione del clan sul territorio, per punire coloro che non erano puntuali nei pagamenti o che avevano interrotto i rapporti interpersonali con il clan ovvero, a volte, anche semplicemente per dare fastidio alle Forze dell’Ordine quando queste ultime segnalavano qualcuno dei consociati per violazione degli obblighi cui erano sottoposti. Almeno quindici si sono rivelati gli atti incendiari attribuibili all’associazione, sia a danno di autovetture che di esercizi commerciali, quasi tutti riconducibili al braccio esecutivo dell’associazione, identificata nei due Liotta.

Emblematiche talune motivazioni scatenanti di attentati incendiari: l’incendio dell’autovettura dei proprietari di un bar di Solarino, rei di non aver praticato uno sconto su una torta acquistata dal boss Massimo Calafiore per il compleanno del figlio, addirittura facendogli pagare un lecca – lecca che lo stesso, all’atto del ritiro del dolce, aveva acquistato alla figlia che lo accompagnava. Altro episodio è rappresentato dall’incendio di un intero pub di Floridia dopo che Giuseppe Calafiore aveva giudicato troppo caro un tagliere di formaggi e non aveva potuto ricevere le ostriche e champagne, da lui richieste, ma non disponibili.  Nel corso dell’indagine è emersa altresì la figura di Domenico Russo, dapprima parte offesa in quanto vittima dell’usura dei Calafiore e, successivamente, mandante di una tentata estorsione nei confronti di un netino che lo aveva truffato grazie all’intermediazione mafiosa di Massimo Calafiore e di Giuseppe Crispino, esponente del clan Trigila di Noto.

Per tutte le condotte sopra descritte, alle prime luci dell’alba di oggi, sono stati tradotti in carcere per i reati a fianco di ciascuno indicati: Antonio Aparo, classe 1958, disoccupato, pluripregiudicato, già ristretto presso il carcere di Opera (Milano), per associazione di tipo mafioso. Massimo Calafiore, classe 1968, disoccupato, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Giuseppe Calafiore, classe 1968, disoccupato, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Salvatore Giangravè, classe 1963, operatore ecologico, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Angelo Vassallo, classe 1963, operatore ecologico, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Massimo Privitera, classe 1973, disoccupato, pregiudicato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Francesco Liotta, classe 1989, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione di tipo mafioso.

Salvatore Mazzaglia, inteso “Nino”, classe 1957, disoccupato, pluripregiudicato, già ristretto presso il carcere di Catania Bicocca, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Victor Andrea Junior Mangano, classe 1991, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Paolo Nastasi, classe 1978, disoccupato, con precedenti di polizia, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Antonio Amato, inteso “cappellino”, classe 1986, operaio, pregiudicato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Maurizio Assenza, classe 1964, autista, pregiudicato, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Sebastiano Carmelo Assenza, classe 1994, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.

Jacopo De Simone, classe 1993, disoccupato, pregiudicato, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Angelo Aglieco, classe 2001, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Joseph Valenti, classe 1992, operaio, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Antonio Privitera, classe 1996, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Giuseppe Crispino, classe 1978, disoccupato, con precedenti di polizia, già ristretto presso il carcere di Terni, per tentata estorsione in concorso e aggravata dal metodo mafioso.

Sono stati tradotti agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni: Antonia Valenti, classe 1946, pensionata, incensurata, per associazione per delinquere finalizzata all’usura. Clarissa Burgio, classe 1982, impiegata, incensurata, per associazione per delinquere finalizzata all’usura. Andrea Occhipinti, classe 1989, operaio, incensurato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso. Domenico Russo, classe 1964, veterinario, incensurato, per tentata estorsione in concorso e aggravata dal metodo mafioso. Ulteriori due soggetti destinatari di misura risultano in atto irreperibili sul territorio nazionale. Nel corso delle odierne attività di polizia giudiziaria, è stata data esecuzione all’ordine di sequestro preventivo di un’autovettura Audi Q5 di proprietà di una delle vittime di usura, ma nella disponibilità di Massimo Calafiore, da lui “requisita” alla stessa vittima come pegno per i mancati pagamenti. Presso le abitazioni degli arrestati sono stati, invece, sequestrati vari assegni e bancomat, sostanza stupefacente del tipo hashish per 5 grammi, 1 grammo di cocaina e denaro in contante per quasi 13 mila euro. All’attività di esecuzione odierna hanno preso parte circa 100 militari del Comando Provinciale carabinieri di Siracusa, un elicottero dell’Arma, unità cinofile e militari della Compagnia di intervento Operativo del 12° Reggimento carabinieri “Sicilia” di Palermo.

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