Tragedia nel Mediterraneo: due migranti senza nome, una cerimonia per ricordarli
Non si sa se fossero uomini o donne, giovani o adulti.
I loro corpi, senza nome e ormai irriconoscibili, sono stati recuperati in mare dalla nave umanitaria Life Support di Emergency e trasportati all’ospedale “Muscatello” di Augusta, dove ora attendono l’autopsia.
Le due salme sono state ritrovate nei giorni scorsi in acque internazionali, nella zona Sar (ricerca e soccorso) libica, in avanzato stato di decomposizione.
Il loro viaggio verso una vita migliore si è interrotto tragicamente in mezzo al mare.
Stamattina, nella camera mortuaria del Muscatello, è stata celebrata una cerimonia funebre voluta da don Giuseppe Mazzotta, parroco della chiesa di San Giuseppe Innografo.
“Sono nostri fratelli e sorelle – ha detto – arrivati da lontano in cerca di speranza.
Non ci sono riusciti, perché il mare glielo ha impedito.
Ma noi li onoriamo come esseri umani.
Ci riguarda, eccome se ci riguarda”.
Alla commemorazione ha preso parte anche Enzo Parisi del comitato 18 Aprile, che ha ricordato un dato drammatico: “Negli ultimi dieci anni più di 10.000 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.
Tra loro, almeno 3.500 erano minori”.
Maria Grazia Patania, attivista per diritti umani, ha evidenziato come queste morti non siano frutto della casualità. “
Questa tragedia è il risultato diretto di politiche scellerate – ha denunciato –. Da anni sappiamo come funzionano i flussi migratori, eppure continuiamo a lasciare che si ripetano naufragi, sofferenze e silenzi”.
L’allarme per la presenza dei corpi in mare era stato lanciato il 26 giugno dall’aereo Seabird dell’Ong Sea-Watch, che aveva avvistato un cadavere e segnalato almeno altri cinque nella stessa area.
L’informazione è stata confermata dal Mrcc (Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo) di Roma, che ha attivato l’intervento Sar.
Secondo Umberto Marzi, medico a bordo della Life Support, i corpi erano in mare da almeno una settimana.
Il capomissione Anabel Montes Mier non esclude si tratti delle vittime di un naufragio non segnalato o di un soccorso arrivato troppo tardi. “
Forse – ha detto – tentavano di fuggire dalla Guardia costiera libica o da altri gruppi armati.
Ma il nostro obiettivo non è recuperare cadaveri.
Il nostro compito è salvare vite”.
Montes Mier ha ribadito la richiesta, già lanciata da Emergency, di una missione europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale.
“L’Europa non può più delegare il controllo dei confini a paesi che violano sistematicamente i diritti umani. Salvare vite è una responsabilità collettiva”.
Anche Jonathan Naní La Terra, team leader Sar a bordo della Life Support, ha sottolineato il peso umano e simbolico di quanto accaduto: “È la prima volta che la nostra nave recupera salme.
È terribile per tutti, ma è anche un atto di dignità.
Così almeno si potrà provare a identificarli e a restituire una verità alle loro famiglie”.
In un angolo silenzioso della camera mortuaria, in un frigorifero d’acciaio, due corpi ci ricordano che queste tragedie non sono numeri.
Sono vite spezzate.
E il silenzio, troppo spesso, è complice.
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