Ancora una bocciatura della norma ‘salva Isab e Ias’ da parte della Corte Costituzionale.
“È costituzionalmente illegittima la norma del decreto-legge numero 2 del 2023 (il cosiddetto ‘decreto Priolo’), che ha stabilito la competenza del Tribunale di Roma per gli appelli contro i provvedimenti del giudice che abbiano negato l’autorizzazione a proseguire l’attività di stabilimenti o impianti sequestrati di interessi strategico nazionale”.
Così la Corte costituzionale con la sentenza numero 38, depositata oggi, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dallo stesso Tribunale di Roma.
Per la Suprema Corte, la norma esaminata presenta profili di manifesta irragionevolezza, e dunque è contraria all’articolo 3 della Costituzione.
Infatti, pur non essendo di per sé illogica la scelta di accentrare la competenza presso il Tribunale di Roma, la disciplina così come concretamente configurata dal legislatore produce almeno due gravi incongruenze.
In primo luogo, essa attribuisce la competenza al Tribunale di Roma solo per l’impugnazione contro il provvedimento che abbia negato l’autorizzazione a proseguire l’attività produttiva, ma non contro il provvedimento che abbia invece autorizzato l’attività, che resta impugnabile dal pubblico ministero presso il tribunale territoriale. Il che provoca la situazione, del tutto singolare, di una competenza che si radica nell’uno o nell’altro tribunale a seconda dell’esito della decisione impugnata.
In secondo luogo, lo spostamento di competenza per il solo giudizio di impugnazione contro il provvedimento che abbia negato la prosecuzione dell’attività crea le condizioni per lo svolgimento parallelo di diversi procedimenti d’appello, davanti a diversi tribunali, contro i provvedimenti del giudice che ha disposto il sequestro dei medesimi impianti. Con conseguente pregiudizio, ha concluso la Corte, “non solo rispetto alla finalità, perseguita dal legislatore, di garantire l’uniformità degli indirizzi interpretativi in materia e la specializzazione dell’organo giudicante, ma anche rispetto all’esigenza di garantire, nell’immediato, decisioni tra loro coerenti rispetto al singolo procedimento cautelare avviato con il sequestro di un determinato impianto o stabilimento”.
Per il governo si tratta della seconda bocciatura da parte della Consulta.
La Corte si era già espressa, per altri profili, sulla illegittimità costituzione del provvedimento del governo, a giugno scorso, quando aveva accolto le motivazioni del Gip di Siracusa, che nell’ambito dell’incidente probatorio in corso per accertare le ipotesi accusatorie avanzate dalla procura nel procedimento penale sul depuratore consortile Ias di Priolo per disastro ambientale, aveva sollevato la questione di legittimità costituzione.
In quel caso la censura riguardava la mancata fissazione di un termine massimo di durata di operatività dell’impianto in attesa dell’adeguamento ai limiti imposti dalle normative, con la conseguente mancato bilanciamento tra le esigenze dell’attività produttiva e dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente.
Quella sentenza rappresenta un punto fermo nella giurisprudenza italiana, in particolare per la parte in cui si afferma il primato della salvaguardia della salute sull’economia
“Resta fermo tuttavia che il nuovo testo dell’art. 41, secondo comma, Cost. vieta che l’iniziativa economica privata si svolga «in modo da recare danno» alla salute o all’ambiente: e nessuna misura potrebbe legittimamente autorizzare un’azienda a continuare a svolgere stabilmente la propria attività in contrasto con tale divieto”
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